Se si dovesse rispettare la volontà popolare espressa con le elezioni dello scorso 4 marzo, 5stelle e Lega dovrebbero avere la possibilità di governare. Ipotizzare un governo senza uno dei due partiti rappresenterebbe la pietra tombale della disaffezione degli italiani dalla politica. La voglia di cambiamento che ha causato un terremoto politico ormai due mesi fa non dovrebbe passare inosservata. Tutto vero…ma poi c’è la politica e il gioco delle alleanze.
C’è soprattutto una legge elettorale che nel suo intento dichiarato avrebbe dovuto portare più forze politiche al governo, in realtà non ha fatto altro che rappresentare il più grande ostacolo alla democrazia, intesa romanticamente come espressione della volontà popolare, costringendo a cercare alleanze tra compagini incompatibili non solo per principi e idee ma anche e soprattutto a causa dell’aggressiva conduzione delle proprie campagne elettorali che ha precluso ogni tipo di collaborazione tra le parti.
In tutto questo l’ironia della sorte ha voluto che l’arbitro della partita per la formazione del governo fosse proprio quel Renzi uscito con le ossa rotte dalle urne. Dal Quirinale i segnali favorevoli al governo M5S e PD sono arrivati nettamente, ma un personaggio come l’ex segretario del PD che è riuscito allo stesso tempo a raggiungere il più grande risultato mai ottenuto dalla sinistra e il peggiore di tutti i tempi, non poteva non influire nella scelta del partito che ha escluso questa ipotesi di collaborazione o almeno l’ipotesi di governo con premier Di Maio.

Dunque se non ci fosse “di mezzo” la politica con tutto il suo teatrino, l’Italia uscita dal voto dello scorso 4 marzo risulterebbe divisa in due tronconi distinti e separati, tagliata nettamente in due. L’Italia delle due Leghe. Lega di Salvini al Nord e 5stelle al Sud. Stop all’immigrazione e flat tax da una parte e reddito di cittadinanza dall’altra.
E allora facendo un balzo indietro di oltre 150 anni non è così difficile trovare delle similitudini con quell’Italia appena uscita dal referendum che sancì l’unita del Paese. Quell’Italia che si annusava per la prima volta dopo che i pezzi del puzzle erano stati messi insieme in qualche modo, e con non poco spargimento di sangue, si scopriva molto diversa ma senza cercare più di tanto di nasconderlo.
Mai come oggi questa differenza è stata supportata dal recente esito elettorale tanto da riportarci, con le ovvie e dovute riserve, a quel senso di divisione che vede opporsi due Italie e due tipi di italiani.
Il voto del cittadino meridionale è molto diverso da quello del connazionale del nord perché diverse sono le necessità e i bisogni degli uni e degli altri. Così come differente risulta essere la concezione della politica, del senso civico e della percezione delle istituzioni tra il sud e il nord.
Come non vedere quindi nella proposta del reddito di cittadinanza dei 5stelle una forma di assistenza, un aiuto previdenziale alla parte del Paese più in difficoltà? Certo questa proposta non è rivolta al solo meridione ma è chiaro che esiste una difficoltà ben maggiore per un disoccupato meridionale rispetto al “collega” del nord di trovare lavoro e quindi di aver la possibilità di interrompere il sussidio.
Sicuramente va dato atto al Movimento di aver unito il Sud sotto la sua bandiera penta-stellata. Di Maio come Francesco di Borbone, il Movimento 5stelle come il Regno delle due Sicilie.
Dall’altra parte, più il leader della Lega si sforza a dare al suo partito un respiro nazionale più sembra portarlo verso la realizzazione del sogno del rinnegato maestro Bossi, che tanto aveva auspicato all’Unione della Padania. Flat tax e stop dell’immigrazione rappresentano sicuramente temi che toccano maggiormente le corde degli animi dei settentrionali e soprattutto degli interessi dei ricchi e facoltosi uomini d’affari e capi d’azienda delle valli del nord. Anche in questo caso bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare e constatare che in effetti la Lega di Salvini ha varcato il Rubicone e si estende adesso ben oltre la pianura Padana.
In una situazione di stallo senza precedenti, mai prima di oggi era passato così tanto tempo prima della formazione di un governo dopo le elezioni, foschi scenari si prospettano all’orizzonte. Gli egoismi degli schieramenti arroccati nelle loro posizioni potrebbero portare anche ad una crisi istituzionale allorché si dovesse rifiutare una soluzione alternativa del Presidente della repubblica (il governo del Presidente), alquanto plausibile considerato le scadenze a cui è chiamata a rispondere l’Italia e il risultato inconcludente delle consultazioni. Tanti motivi hanno portato a questa situazione non ultime l’incapacità di gestire la posizione di vantaggio dei due vincitori “teorici” delle elezioni.
Se non altro il processo di “de-unificazione” dell’Italia è tornato in moto, sempre che si sia mai arrestato!
Bologna, 4 maggio2018
Vox Zerocinquantuno n.22, Maggio 2018
In copertina foto da Espresso.repubblica.it
Giacomo Bianco, laureato in Storia del mondo antico e specializzato in Scienze storiche presso l’Università di Bologna, ha discusso la tesi di laurea in Storia del Risorgimento, tema sul quale ha dedicato e sviluppato la riflessione volta a chiarire le ombre del movimento unificatore italiano, oggetto della maggior parte degli studi successivi.
(74)